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Successioni

Testamenti e Successioni

La successione ereditaria è legata ad un evento triste e spesso rimosso dai propri pensieri: la morte; essa è, però, ineludibile, per questo a tutti sarebbe utile conoscere i principi del diritto successorio. Attraverso questo complesso di regole viene, infatti, assicurato il passaggio del patrimonio e la continuazione di tutti i rapporti giuridici attivi e passivi dal defunto ai suoi eredi. In questa prospettiva una consapevole visione di come effettuare la trasmissione dei propri beni, soprattutto quando questi consistano in attività complesse e/o legate all'impresa, rispettando ove possibile le naturali inclinazioni dei futuri eredi, può evitare incomprensioni e liti tra di essi, agevolando questo necessario passaggio di consegne tra due generazioni.

Pertanto è opportuno avere informazioni precise sugli effetti della successione ereditaria: il notaio può essere d’aiuto non solo, preventivamente, per fornire consigli a chi vuole che la propria successione segua determinate regole, ma anche, successivamente, per risolvere i problemi che si presentano ai congiunti, a seguito del decesso.

Il notaio può informare sulle prime operazioni da effettuare quando avviene un decesso e, quanto ai profili patrimoniali, potrà portare a conoscenza delle regole sulla devoluzione della successione (le regole, in altri termini, in base alle quali sono individuati gli eredi), con particolare riferimento alla successione legittima (regolata solo dalla legge), e/o alla successione testamentaria (regolata dalla volontà di chi ha lasciato un testamento); si potrà verificare - nel caso concreto - se vi siano dei soggetti (detti legittimari) ai quali la legge riserva in ogni caso una parte dell’eredità, anche in contrasto con la volontà espressa nel testamento.

I soggetti coinvolti nella successione dovranno, poi, decidere se procedere alla accettazione o rinunzia all’eredità, ovvero avere informazioni sulla disciplina applicabile in caso di legato: l’attribuzione, in altre parole, di un bene determinato.

Non bisogna dimenticare i profili fiscali della successione ereditaria: anche sotto quest’aspetto, il notaio può fornire la consulenza necessaria per affrontare questo tipo di problema.

Il notaio ha, poi, specifica competenza per consigliare il miglior modo per redigere un testamento, ovvero quali atti compiere, in vita, per conseguire determinati risultati a seguito della successione.

Per agevolare la conoscenza delle differenti norme che regolano le successioni in Europa, il Consiglio dei Notariati d’Europa (CNUE), con il supporto della Commissione Europea, ha creato il sito www.successions-europe.eu nelle 23 lingue ufficiali dei 27 paesi membri dell’Unione europea. Nel sito, le informazioni necessarie per seguire e comprendere qualsiasi vicenda legata ad una successione, in qualsiasi paese europeo essa si svolga.

Tipi di Successione

L’eredità si trasmette per legge o per testamento. Chi intende regolare la propria successione secondo la sua volontà può farlo con un testamento (successione testamentaria), con le modalità ed i limiti previsti dalla legge stessa.

Nel caso in cui una persona venga a mancare senza aver espresso alcuna volontà testamentaria, gli eredi sono individuati direttamente dalla legge (successione legittima).

Ove, poi, vi sia un testamento ma questo contenga disposizioni relative solo ad una parte dei beni del testatore, la successione sarà regolata dal testamento solo per i beni ivi menzionati, mentre per la parte di beni non compresa nel testamento si devono utilizzare le regole della successione legittima.

La legge, oltre a riconoscere a ciascuno la possibilità di disporre per testamento, ha individuato alcuni soggetti ai quali ha voluto garantire in ogni caso determinati diritti sull’eredità: questi soggetti sono detti "legittimari". Si tratta delle persone che erano legate al testatore dai vincoli più stretti (coniuge, discendenti, ascendenti) e le norme previste a loro tutela sono comunemente indicate come successione necessaria.

Avere un quadro preciso della devoluzione di una successione, quindi, può essere un’operazione piuttosto complessa e non sempre facile da effettuare da soli. Errori o imprecisioni in questa fase possono comportare conseguenze anche gravi, che si protraggono nel tempo e non facili – e costose - da rimediare.

Il notaio ha la competenza specifica per fornire una corretta informazione in merito ed anche per portare a conoscenza delle soluzioni più idonee per affrontare e risolvere i diversi problemi concreti.

Chi è destinatario di un’eredità dovrà, poi, decidere in merito alla accettazione o rinunzia della stessa.

Occorre, peraltro, ricordare che le regole sopra riportate sono applicabili alla successione del cittadino italiano nonché a tutte le successioni alle quali sia applicabile il diritto italiano.

Per le persone di cittadinanza diversa da quella italiana occorre considerare le regole previste dal Diritto internazionale privato: secondo tali regole in taluni casi potrà essere applicabile il diritto italiano, in altri casi occorrerà fare riferimento a leggi di altri stati.

Anche per tale aspetto, peraltro, al fine di evitare errori o conseguenze non volute, si può trovare nel notaio un valido aiuto per avere chiarimenti ed indicazioni operative

Successione Testamentaria

Il testamento è un atto scritto con il quale una persona dispone del proprio patrimonio per quando avrà cessato di vivere. Il testamento è un atto revocabile, cioè può essere modificato oppure può essere posto nel nulla da parte del testatore fino al momento della morte.

E' importante  tenere presente che il testamento non ha effetto subito, al momento della redazione, ma avràeffetto solo dopo la morte del testatore.

Per esempio, chi decide di lasciare un bene ad una determinata persona per testamento, non trasferisce quel bene nel momento in cui fa testamento, ma esprime solo la volontà che, al momento della morte, quel bene vada a quella persona. Prima della morte potrà pertanto modificare la propria volontà, anche revocando completamente quanto previsto nel testamento.

La legge prevede diversi tipi di testamento: il testamento olografo e il testamento per atto di notaio.

Il testamento può avere un contenuto piuttosto vario, può contenere disposizioni di carattere non strettamente patrimoniale o economico; il notaio può spiegare e chiarire tutte le opportunità offerte dal testamento come strumento di espressione delle proprie volontà.

Talvolta chi fa testamento intende attribuire beni specifici a determinati soggetti e, a tale proposito, la legge prevede una distinzione fondamentale tra eredità e legato (a seconda che il beneficiario riceva l’universalità o una quota dei beni del testatore ovvero uno o più beni o diritti determinati).

La volontà del testatore deve essere espressa secondo regole previste dalla legge (il notaio potrà essere di aiuto ad evitare invalidità o problemi).

Un problema particolarmente delicato della volontà testamentaria è quello della possibilità o meno di violare i diritti di alcuni soggetti determinati, detti legittimari (discendenti, ascendenti e coniuge) (successione necessaria). Pur non essendo esclusa la possibilità che il testatore esprima una volontà testamentaria che non rispetti i diritti che la legge riserva a tali soggetti, la particolare efficacia dei rimedi offerti dalla legge ai legittimari stessi, a tutela dei loro diritti, fa sì che il consiglio di un esperto – quale il notaio – sia assolutamente raccomandabile.

Successione Legittima

Le regole della successione legittima si applicano quando la persona che è mancata non ha lasciato un testamento oppure ha lasciato un testamento con il quale ha disposto solo in parte dei suoi beni. In tale ultimo caso le regole della successione legittima operano solo per i beni per i quali il testatore non ha disposto nel testamento.

La legge prevede che solo alcuni soggetti - in pratica i parenti fino al sesto grado di  parentela  e il coniuge - abbiano diritto di succedere, peraltro secondo un determinato ordine (in mancanza di tali soggetti eredita lo Stato).

Le regole previste dalla legge per la successione legittima tengono in considerazione sia la linea di parentela (discendente, ascendente, collaterale) che il grado di parentela (chi ha grado di parentela più prossimo al defunto esclude chi ha grado di parentela più remoto e successori pari in grado ricevono in parti uguali tra loro) ma non mancano eccezioni.

Non sempre, pertanto, può essere agevole avere un quadro completo e preciso della successione e pare senz’altro consigliabile richiedere l’aiuto di un esperto. Vi sono regole specifiche per la ripartizione dell’eredità secondo i singoli casi che possono presentarsi nella pratica: presenza di soli figli, presenza del solo coniuge, presenza del coniuge e uno o più figli ed altri casi.

Al padre e alla madre succedono solo i figli (legittimi e naturali, ai quali la legge equipara i figli legittimati e quelli adottivi), ove manchi il coniuge.

In presenza di coniuge e figli, tutti costoro concorrono all’eredità, con quote diverse secondo il numero dei figli.

Solo a chi muore senza lasciare figli possono succedere i genitori, gli ascendenti, i fratelli o le sorelle, ovvero tutti costoro insieme, sempre peraltro in concorso con il coniuge, ove vi sia

In mancanza di figli (legittimi o naturali), di ascendenti, di fratelli o sorelle, tutta l’eredità è destinata al coniuge

Se il soggetto è deceduto senza lasciare figli, né genitori, né ascendenti né fratelli o sorelle o loro discendenti, l’eredità è devoluta agli altri parenti (ma non oltre il sesto grado di parentela).

Le quote spettanti a ciascun soggetto variano secondo i singoli casi concreti di concorso tra successori e norme particolari sono previste, poi, per ipotesi specifiche (fratelli e sorelle unilaterali, adottati, figli naturali non riconoscibili, coniuge putativo e separato, ed altri). E' opportuno verificare bene con il notaio l'applicazione delle regole generali in ciascun caso concreto, dal momento che molte situazioni particolari (quali, tra le altre, la rinunzia all’eredità o la rappresentazione) possono influire sulla operatività concreta delle regole generali. Solo nel caso in cui manchino tutti tali soggetti, l'eredità è devoluta allo Stato

Successione Necessaria

La legge prevede che alcuni soggetti abbiano una particolare tutela, cioè che agli stessi sia riservata comunque una quota dell’eredità anche contro un’eventuale volontà del defunto espressa per testamento.

Questi soggetti sono i discendenti (figli e nipoti), gli ascendenti (genitori, nonni, e così via) ed il coniuge.

A seconda della esistenza o meno di tali soggetti al momento del decesso, o di alcuni soltanto di essi, la legge prevede quale sia la quota di eredità riservata a costoro, secondo le varie ipotesi che possono presentarsi nella pratica.

Per calcolare la quota di patrimonio ereditario spettante a ciascun soggetto tutelato (detto anche legittimario) occorre effettuare un calcolo particolare, dal momento che bisogna prendere in considerazione, ai fini del calcolo, anche eventuali donazioni effettuate in vita dal soggetto deceduto.

Al valore dei beni lasciati dal defunto alla data della morte occorre dapprima detrarre la somma complessiva dei debiti del defunto esistenti alla data della morte e, successivamente, aggiungere il valore di tutte le donazioni poste in essere dal defunto. Sulla somma risultante da tali operazioni, in base alla quota riservata dalla legge a ciascun legittimario, si calcola quanto spettante a ciascun soggetto tutelato.

Si tratta di calcoli a volte complessi e che comportano un’attenta valutazione caso per caso, sia degli elementi patrimoniali della eredità, sia della composizione della famiglia e dei rapporti intercorsi tra i vari soggetti coinvolti nella successione. Una ricostruzione imprecisa può portare ad avere un quadro non corretto dei diritti spettanti ai singoli soggetti, con conseguenze  negative sui rapporti tra soggetti coinvolti nella successione: è assolutamente raccomandabile rivolgersi al notaio per avere una consulenza precisa sulla situazione e per poter eventualmente fruire dei vari istituti offerti dalla legge per venire incontro alle esigenze del caso.

Occorre, poi, ricordare che il legittimario che lamenti una violazione dei suoi diritti e che abbia ricevuto meno di quanto la legge gli avrebbe riservato, può agire in giudizio per vedere soddisfatti i propri diritti, con azioni alle quali la legge attribuisce particolare efficacia

 

(tratto da pubblicazione del Consiglio Nazionale del Notariato)

 

società

Società

Tipi di Società

Quando ci si vuole associare con altri soggetti per dar vita ad una società, è necessario individuare, anche con l’ausilio del proprio notaio di fiducia, quale sia, sotto il profilo organizzativo, la forma più idonea di società, tenuto conto anche degli scopi che si intendono perseguire.
Sotto l'aspetto organizzativo, le società si distinguono nei seguenti tipi:

Società di persone

Esse comprendono:

  • le società semplici
  • le società in nome collettivo
  • le società in accomandita semplice.

Società di capitali

Esse comprendono:

  • le società per azioni
  • le società in accomandita per azioni
  • le società a responsabilità limitata.

Sono sottotipi di srl le società a responsabilità limitata semplificate e le società a responsabilità a capitale ridotto, introdotte di recente.

Tutte le suddette società hanno scopo di lucro, cioè sono costituite al fine di conseguire degli utili che verranno successivamente ripartiti tra i soci.

La scelta del tipo di società che si intende costituire è essenzialmente rimessa alla volontà delle parti che la pongono in essere: una sola limitazione è stabilita per le società aventi per oggetto l'esercizio di un'attività commerciale, le quali non possono assumere il tipo della società semplice.

Esiste, inoltre, la possibilità di costituire ulteriori tipi di società nelle forme delle società cooperative e di mutua assicurazione  aventi tutte scopo mutualistico. Esse, cioè, hanno lo scopo di fornire direttamente ai soci beni, servizi od occasioni di lavoro a condizioni più vantaggiose di quelle che i soci stessi otterrebbero sul mercato. Alle società cooperative si applicano, in quanto compatibili, le norme della società per azioni o, quando l'atto costitutivo lo preveda, sempre che ne sussistano le condizioni di legge, ovvero nei casi di legge, quelle delle società a responsabilità limitata.

Le società di mutua assicurazione sono regolate dalle norme stabilite per le società cooperative, in quanto compatibili.

Infine, tutte le società, tranne le società semplici, possono avere uno scopo consortile, cioè quello di coordinare le  attività economiche con oggetto analogo od affine di più imprenditori o lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese.

Contratto di Società

Cosa bisogna fare per dar vita a una società

Le parti che intendono costituire una società devono concludere un contratto: il contratto di società (c.d. atto costitutivo), con il quale due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili.

Tuttavia, è ammesso dall’ordinamento giuridico che la costituzione di una società possa avvenire anche da parte di una sola persona con atto unilaterale: per esempio, società unipersonale per azioni od a responsabilità limitata e costituzione di una nuova società a seguito di scissione, su deliberazione dell'assemblea della società scissa.

Nel caso in cui il contratto sociale risulti non da un documento, ma dai comportamenti tenuti dai soci, si avrà una società cosiddetta di fatto: tuttavia, l’assenza di un documento formale crea difficoltà, perché nulla prova l’esistenza della società. Non è, comunque, ammessa l’esistenza di una società di capitali di fatto.

Quale capacità è richiesta per poter sottoscrivere un contratto di società

I soggetti interessati a divenire soci, siano essi persone fisiche, società, associazioni o, in generale, enti, devono essere capaci di agire, cioè di porre in essere validamente atti giuridici.

Ma le società di capitali possono essere socie di una società di persone? La questione è stata controversa sino a tempi recenti, ma la legislazione in vigore dal primo gennaio 2004 risolve affermativamente il problema.

Anche la partecipazione di altri enti alle società può dar luogo a soluzioni diverse a seconda dell'ente partecipante e del tipo di società partecipata.

Volendo fornire un’informazione in generale, possono costituire una società tutte  le persone fisiche che abbiano compiuto diciotto anni, che abbiano cittadinanza italiana o di un altro Stato dell’Unione Europea.

La partecipazione di minori, anche emancipati, di inabilitati e di interdetti, pur essendo generalmente possibile, è subordinata a particolari autorizzazioni. Particolare cautela andrà anche osservata ove ad una persona sia stato nominato un amministratore di sostegno. In tal caso occorrerà far preciso riferimento a quanto disposto dal decreto che nomina l’amministratore.

La varietà e la molteplicità delle situazioni che possono dunque prospettarsi a seconda del tipo di società da costituire, delle circostanze che ne determinano la nascita – ad esempio la comunione ereditaria di un azienda – e della natura e della qualità dei soggetti che intendono procedere alla costituzione, consigliano di rivolgersi volta per volta al vostro notaio di fiducia per individuare il giusto iter nel caso concreto.

La partecipazione di stranieri, non cittadini di paesi dell’Unione Europea, è possibile, nei limiti previsti dalla legge (vedere Gli stranieri in Italia). Anche in questo caso si consiglia di consultare, al riguardo, il proprio notaio di fiducia.

Requisiti essenziali del contratto di società

Tre sono i requisiti essenziali del contratto di società:

  • i conferimenti;
  • l’esercizio in comune dell’attività economica;
  • la partecipazione agli utili.

Conferimenti - Il patrimonio sociale e il capitale sociale

I conferimenti sono le prestazioni cui i soci si sono obbligati in forza del contratto di società.

I conferimenti costituiscono, cioè, i contributi dei soci alla formazione del patrimonio iniziale della società.

La loro funzione è quella di fornire alla società il capitale iniziale per lo svolgimento dell’attività di impresa.

Con il conferimento, ciascun socio destina, per tutta la durata della società, parte della propria ricchezza personale all’attività comune e si espone al rischio di impresa: precisamente, il socio corre il rischio di non ricevere alcun corrispettivo per l’apporto effettuato se la società non consegue utili, e corre il rischio ulteriore di perdere, in tutto o in parte, il valore del conferimento se la società subisce perdite.

Possono essere oggetto di conferimento le seguenti entità: denaro, beni in natura (mobili e immobili, materiali o immateriali) trasferiti alla società in proprietà o concessi in semplice godimento, prestazioni di attività lavorativa sia manuale che intellettuale, crediti, aziende. In breve può costituire oggetto di conferimento ogni entità suscettibile di valutazione economica che le parti ritengono utile o necessaria per lo svolgimento della comune attività di impresa.

Tuttavia, sono stabiliti dei limiti per quanto riguarda le società di capitali e le società cooperative: le prestazioni di opera o di servizi, in particolare, sono direttamente conferibili solo nella società a responsabilità limitata.

È opportuno fissare, in questa sede, anche le nozioni di patrimonio sociale e di capitale sociale, in quanto collegate al concetto di conferimenti.

Il patrimonio sociale

Il patrimonio sociale è l’insieme dei rapporti giuridici, attivi e passivi, facenti capo alla società. Esso, inizialmente, è costituito dall’insieme dei conferimenti eseguiti o promessi dai soci. Nel corso della vita della società il patrimonio sociale subisce continue variazioni in relazione alle vicende economiche della società. La sua consistenza (attività e passività) viene accertata periodicamente attraverso la redazione annuale del bilancio di esercizio.
Viene definito patrimonio netto la differenza positiva tra attività e passività.
Il patrimonio sociale assolve, inoltre, alla funzione di garanzia generale per i creditori della società.

Il capitale sociale

Il capitale sociale è un’entità numerica che esprime il valore in denaro dei conferimenti, come risulta dalla valutazione compiuta nell’atto costitutivo della società.

Capitale sociale 100 vuol dire che i soci si sono obbligati a conferire (capitale sottoscritto) e/o hanno conferito (capitale versato) denaro o altre entità che, al momento della stipulazione del contratto di società, avevano tale valore monetario.

Il capitale sociale rimane immutato nel corso della vita della società fino a quando, con modifica dell’atto costitutivo, non si decide di aumentarlo o di ridurlo.

L’esercizio in comune dell’attività economica - L’oggetto sociale

Chi costituisce una società è spinto dallo scopo (c.d. scopo mezzo) di esercitare, in comune con altri soggetti, una determinata attività economica. Tale attività costituisce l’oggetto sociale e deve essere determinata nell’atto costitutivo. Essa può essere modificata nel corso della vita della società solo con l’osservanza delle norme che regolano le modificazioni dell’atto costitutivo.

Deve trattarsi di un’attività produttiva, cioè, di un’attività a contenuto patrimoniale, condotta con metodo economico e finalizzata alla produzione o allo scambio di beni o servizi, mentre non può limitarsi al mero godimento e gestione dei beni perché, altrimenti, si avrà una comunione e non una società (con l’eccezione delle società di gestione).

È essenziale, inoltre, per aversi società, che l'attività produttiva sia esercitata in comune.

La partecipazione agli utili

L’esercizio in comune di un’attività economica sotto forma di società è finalizzato alla realizzazione di un guadagno (lucro oggettivo) destinato ad essere successivamente suddiviso tra i soci (lucro soggettivo). Questo è il c.d. scopo di lucro o profitto. Le società che perseguono questo fine sono definite società lucrative (società di persone e società di capitali).

Esistono, tuttavia, altri tipi di società (le società cooperative) che per legge devono perseguire uno scopo diverso da quello lucrativo e, precisamente, uno scopo mutualistico.

Il loro scopo tipico è quello di procurare ai soci un vantaggio patrimoniale diretto che potrà consistere, a seconda del campo di attività della cooperativa, in un risparmio di spesa o in una maggiore remunerazione del lavoro prestato dai soci nella cooperativa.

Patto di Famiglia

Con la legge 14 febbraio 2006, n. 55 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 50 del 1° marzo 2006) è stato introdotto nel nostro ordinamento l’istituto del “patto di famiglia”.

Si tratta della possibilità di un accordo tra un imprenditore e uno dei propri discendenti che, nel rispetto di determinate condizioni e senza che vi possano essere contestazioni in sede di eredità, ha come oggetto il trasferimento dell'azienda o delle quote di partecipazione al capitale della “società di famiglia”.

E’ una novità importante nel sistema del diritto successorio: nel nostro Paese è infatti piuttosto alta la presenza di imprese a carattere “familiare” che operano addirittura nell’ambito delle società quotate in borsa.

Nel caso della successione dell’imprenditore ciò che egli aveva creato con fatica può essere dissipato con grossi rischi di disgregazione se non viene assicurata una certa continuità nella gestione.

Che cos'è

Il patto di famiglia è un contratto.

Non è, quindi, un testamento: è, di fatto, una convenzione la cui particolarità è quella di andare ad incidere sulla successione dell’imprenditore.

A chi si rivolge

Con il patto di famiglia l’imprenditore può trasferire, in tutto o in parte, l’azienda, e il titolare di partecipazioni societarie può trasferire, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti; compatibilmente, però, con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie.

Questa definizione ha sollevato i primi dubbi interpretativi: ad esempio, quando si parla di «titolare di partecipazioni» non si distingue tra la titolarità di azioni/quote della «società di famiglia» e la titolarità di partecipazioni in altre società (ad esempio, un piccolo pacchetto di azioni di una società quotata): situazioni, tra loro assai diverse.

Come

Tecnicamente la legge aggiunge al libro II, titolo IV del codice civile - dopo l'art. 768 - il Capo V-bis , comprendente i nuovi articoli dal 768-bis al 768-octies e modifica l'art. 458 del codice civile introducendo una deroga al divieto dei patti successori (questo il senso dell'inciso "Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 768-bis e seguenti").

Il nuovo articolo 768-quater prevede che il contratto contenente il patto di famiglia, a pena di nullità deve essere stipulato per atto pubblico, e che vi devono partecipare coloro che sarebbero legittimari (cioè eredi che la legge prevede non possano essere esclusi, come ad esempio il coniuge e i figli) ove in quel momento si aprisse la successione nel patrimonio dell'imprenditore.

Il patto deve prevedere che i beneficiari assegnatari dell'azienda o delle partecipazioni societarie “compensino” gli altri partecipanti al contratto con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote riservate ai legittimari (a meno che questi non vi rinuncino in tutto o in parte); i contraenti possono convenire che la liquidazione, in tutto o in parte, avvenga in natura; in questo caso i beni in natura assegnati a favore degli altri legittimari (non assegnatari dell'azienda) "sono imputati alle quote di legittima loro spettanti" , cioè sono da considerarsi un anticipo sulla futura successione.

I rapporti con i «legittimari sopravvissuti»

All'apertura della successione dell'imprenditore alcuni soggetti possono assumere la qualifica di legittimari dopo la stipula del patto di famiglia (ad esempio, il nuovo coniuge dell’imprenditore vedovo o celibe; nuovi figli).

La nuova legge dispone che costoro possono chiedere ai beneficiari del patto il pagamento di una somma pari al valore della quota di legittima loro spettante.

Tale contratto può essere impugnato, entro un anno, solo per cause molto gravi (art. 768-quinquies).

Le cause di scioglimento

Il contratto può essere sciolto o modificato dagli stessi soggetti che vi hanno partecipato:
1) con un diverso contratto, stipulato sempre per atto pubblico;
2) mediante recesso (se previsto nel patto di famiglia) esercitato sulla base di una "dichiarazione agli altri contraenti certificata da un notaio". 

I rimedi in caso di dissidi

Le controversie derivanti dalle disposizioni in materia di patto di famiglia sono devolute preliminarmente a uno degli organismi di conciliazione previsti dall'articolo 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5.

Il contributo del notariato

Il Consiglio Nazionale del Notariato ha espresso “un convinto sostegno circa l’opportunità della riforma”.

Non mancano però alcuni rilievi al testo di legge  per renderla di più facile attuazione e per evitare che si possa ricadere nell'area illecita dei patti successori.

Il Consiglio Nazionale del Notariato ha costituito  un gruppo di lavoro interdisciplinare chiamando a farne parte esponenti delle Commissioni Legislativa, Studi Civilistici, Tributaria, Impresa e Mediazione. L’attività del gruppo di lavoro sarà finalizzata ad indagare ed elaborare interpretazioni e soluzioni sotto i profili civilistico e fiscale, offrendo la possibilità di allargare la discussione e il confronto in occasione di specifici convegni sull’argomento.

 

(tratto da pubblicazione del Consiglio Nazionale del Notariato)

 

 

Associazioni e Fondazioni

 

Associazioni Riconosciute

Le associazioni sono enti costituiti da più persone per il raggiungimento di scopi ben definiti, di regola altruistici e ideali. La presenza di un nucleo più o meno esteso di associati è quindi fondamentale e la loro volontà appare preminente. Esse si dividono in due grandi categorie, a seconda che abbiano ottenuto il cosiddetto “riconoscimento”, ovvero non lo abbiano richiesto o comunque avuto. A tale ripartizione conseguono differenze in tema di formalità necessarie per la loro costituzione e di disciplina giuridica applicabile.

Le associazioni riconosciute come persone giuridiche sono pertanto quelle alle quali la competente autorità ha concesso il riconoscimento, che si ottiene con l’iscrizione nel registro delle persone giuridiche.

Esse sono soggette a degli obblighi di forma particolari in quanto per la loro costituzione è obbligatoria la stipulazione per atto pubblico. Tale forma è necessaria anche per la modificazione o integrazione dell’atto costitutivo o dello statuto; quest’ultimo atto, che può essere distinto o incorporato nell’atto costitutivo, unitamente alle disposizioni di legge, regola la vita e l’attività dell’ente.

Anche la loro disciplina successiva è soggetta a vincoli particolari. Il legislatore infatti prevede particolari obblighi e limiti in tema di amministrazione e di rappresentanza, di assemblea e di deliberazioni degli associati, nonché di recesso e di esclusione degli stessi, di diritti sul patrimonio comune, di trasformazione, di estinzione e di devoluzione dei beni.

In compenso con il riconoscimento le Associazioni acquistano la personalità giuridica. Tale status comporta particolari vantaggi in tema di autonomia tra il patrimonio dell’associazione e quello personale dei singoli associati, nonché degli altri soggetti. Gli associati rispondono quindi delle obbligazioni dell’ente solo nei limiti della quota associativa versata e degli ulteriori contributi elargiti, e non possono essere richiesti del pagamento dei debiti contratti dall’associazione dai creditori di quest’ultima. A loro volta i creditori personali dei singoli associati non possono pretendere dall’associazione il soddisfacimento delle loro ragioni.

Nel rispetto dei requisiti previsti dalla legge, possono divenire anche Onlus, fruendo dei relativi benefici.

Associazioni Non Riconosciute

Le associazioni non riconosciute sono di regola enti composti da più persone associate tra loro che non hanno voluto richiedere il riconoscimento o che non l’hanno ottenuto o per i quali è ancora pendente il relativo procedimento.

Le associazioni non riconosciute non sono persone giuridiche, e pertanto nei confronti loro e dei singoli associati non operano i benefici conseguenti all’ autonomia patrimoniale propri degli enti riconosciuti. Ciò nonostante anche nelle associazioni non riconosciute si assiste ad una discreta separazione tra il patrimonio dell’ente e quello dei suoi associati -  la cosiddetta autonomia patrimoniale imperfetta - in quanto per i debiti dell’ente risponde in primo luogo il fondo comune dell’associazione e quindi coloro che hanno convenuto ed effettuato l’operazione in nome e per conto dell’ente.

Finché poi dura l’associazione, i singoli associati non possono chiedere la divisione del fondo comune e, ove recedano o siano esclusi, non possono chiedere la restituzione della quota associativa e dei contributi versati.

Non sussistono particolari obblighi di forma, oltre a quelli previsti per l’apporto di particolari categorie di beni (ad esempio, beni immobili); d’altronde non è precluso agli associati adottare appositamente la forma della scrittura privata autenticata o dell’atto pubblico. Tali forme risultano oltretutto obbligatorie, accanto a quella della scrittura privata registrata, unitamente ad altri presupposti e requisiti, ove l’associazione voglia godere dei particolari benefici connessi alla qualifica di Onlus o comunque rientrare tra gli enti che possono usufruire delle agevolazioni fiscali previste in generale per il c.d. terzo settore.

Dal punto di vista della disciplina, nelle associazioni non riconosciute si assiste ad una libertà molto ampia, in quanto l’ente è retto dagli accordi degli associati, che potranno pertanto regolarne il funzionamento come meglio riterranno opportuno, nei limiti, è ovvio, dei principi generali e particolari propri del nostro ordinamento. Proprio tale vasto campo d'azione, nonché l’incertezza dei suoi confini, consiglia peraltro di avvalersi dell’assistenza di un professionista esperto, onde evitare di porre in essere accordi fragili o facilmente eludibili o fonte di turbative e contrasti. In ogni caso la maggior flessibilità della loro struttura le rende congeniali a perseguire gli scopi più disparati: sono infatti di regola associazioni non riconosciute anche i partiti politici, i sindacati, i circoli culturali, le associazioni sportive, e così via.

Fondazioni

La fondazione è un ente per lo più costituito da un’unica persona che destina una certa somma o un patrimonio per il raggiungimento di uno scopo definito, di regola altruistico o comunque ideale. Fondamentale quindi, oltre allo scopo, è la sussistenza di un determinato patrimonio: a differenza delle associazioni non si riscontra la presenza di un gruppo di associati, ma solo di un’organizzazione che gestisca il patrimonio di cui è dotata per le finalità prefissate. Manca quindi un’assemblea degli associati e preminente rimane la volontà del fondatore.

Le fondazioni, come le associazioni riconosciute, sono delle persone giuridiche. Le fondazioni devono quindi costituirsi per atto pubblico e richiedere il riconoscimento; esse possono inoltre essere costituite anche per testamento. Una volta riconosciute ed iscritte nel registro delle persone giuridiche, acquistano la personalità giuridica, con i relativi effetti di autonomia patrimoniale. Il patrimonio personale del fondatore risulterà pertanto del tutto  distinto rispetto a quello della fondazione.

Come le associazioni riconosciute, anche la loro disciplina è soggetta a vincoli particolari. Innanzitutto, una volta ottenuto il riconoscimento o comunque iniziata l’attività, esse non possono più essere revocate dal fondatore; in ogni caso poi non possono essere revocate dagli eredi del fondatore. Sono in linea generale soggette al controllo dell’autorità amministrativa: inoltre sono previsti particolari obblighi e limiti in tema di amministrazione e di rappresentanza, di trasformazione, di estinzione e di devoluzione dei beni.

Nel rispetto dei presupposti e dei requisiti previsti dalla legge, possono divenire anche Onlus, fruendo dei relativi benefici.

Comitati

Il comitato di regola viene costituito da più persone per reperire fondi o altre utilità finalizzati ad scopo particolare: esso può essere costituito per sostenere iniziative altrui, ma anche per proporne di autonome. La legge individua in maniera specifica i comitati di soccorso o di beneficenza e i comitati promotori di opere pubbliche, monumenti, esposizioni, mostre, festeggiamenti e simili, ponendo in risalto il profilo della sottoscrizione e della raccolta di fondi per uno scopo. Comunque è dato alla libertà dei privati di crearne di ulteriori e diversi.

Nei confronti del comitato che non ha richiesto o ottenuto il riconoscimento, e dei loro componenti, come per le associazioni non riconosciute, non opereranno i benefici di autonomia patrimoniale propri degli enti riconosciuti.

Comunque gli organizzatori e i gestori dei fondi raccolti sono responsabili della conservazione dei fondi e della loro destinazione allo scopo annunciato. Inoltre i componenti del comitato rispondono in prima persona delle obbligazioni assunte, mentre i sottoscrittori sono tenuti soltanto ad effettuare le  offerte promesse.

Sempre in maniera analoga alle associazioni non riconosciute, non sussistono particolari obblighi di forma, oltre a quelli previsti per l’apporto di particolari categorie di beni (ad esempio, beni immobili). In ogni caso è possibile costituire un comitato  sia con scrittura privata autenticata  che con atto pubblico. Tali forme risultano oltretutto obbligatorie, accanto a quella della scrittura privata registrata, unitamente ad altri presupposti e requisiti, ove il comitato voglia godere dei particolari benefici connessi alla qualifica di Onlus o comunque rientrare negli enti che possono beneficiare in generale delle agevolazioni fiscali previste per il c.d. terzo settore.

Dal punto di vista della disciplina, il comitato è retto in pratica dagli accordi dei promotori, che potranno pertanto regolarne il funzionamento come meglio riterranno opportuno, nei limiti, è ovvio, dei principi generali del  nostro ordinamento. Dunque anche in tali ambiti appare fortemente opportuna la consulenza di un professionista esperto che ne suggerisca la regolamentazione più idonea, anche sotto il profilo fiscale.

Se i fondi raccolti dal comitato sono insufficienti allo scopo, ovvero questo non è più attuabile, ovvero essi residuino una volta raggiunto lo scopo prefissato, la sorte di tali fondi, se non è disciplinata nell’atto costitutivo, è stabilita dall’autorità governativa

Onlus

Il termine Onlus rappresenta un acronimo: esso sta per “Organizzazione non lucrativa di utilità sociale”. Nel tentativo di rafforzare e sostenere l’iniziativa privata in quello che viene comunemente definito “terzo settore”, ossia negli ambiti legati al volontariato, all’assistenza sociale, e così via, il legislatore ha disposto delle particolari agevolazioni, soprattutto di carattere fiscale, nei confronti di quegli enti che possiedano determinati presupposti o requisiti.

A stretto rigore le Onlus non costituiscono una tipologia di enti a sé stanti: è però previsto che determinate categorie di soggetti, quali le associazioni, riconosciute o non, i comitati, le fondazioni, le società cooperative e gli altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica possano divenire Onlus, ove ricorrano specifici presupposti e siano rispettate determinate condizioni.

Tra questi, innanzitutto è obbligatorio che l’ente, che deve utilizzare l’acronimo Onlus posposto alla propria denominazione, sia retto da un atto costitutivo o da uno statuto redatti per atto pubblico, ovvero per scrittura privata autenticata o registrata.

Inoltre il medesimo atto deve tassativamente contenere delle clausole disposte dalla legge, quali la previsione della democraticità della struttura, il divieto di distribuzione di utili e l’obbligo di impiegarli per gli scopi di utilità sociale, e così via. Queste ultime clausole sono altresì obbligatorie per tutti quegli enti, associazioni riconosciute, non riconosciute e comitati, che vogliano usufruire dei benefici fiscali, soprattutto in tema di imposte dirette, o accedere ai fondi pubblici destinati al c.d. terzo settore o non profit.

L’ente come scopo deve perseguire esclusivamente finalità di utilità sociale e la propria attività deve spaziare in uno o più dei campi previsti dalla legge: assistenza sociale, socio-sanitaria e sanitaria, beneficenza, istruzione, formazione, sport dilettantistico, tutela, promozione e valorizzazione delle cose di interesse artistico, della natura e dell’ambiente; promozione della cultura e dell’arte; tutela dei diritti civili; ricerca scientifica di particolare interesse sociale .

Oltre al divieto di svolgere attività diverse da quelle sopra menzionate, particolari limiti sono posti alle attività accessorie e connesse, onde restringere la rilevanza delle attività economiche, che devono in tali organizzazioni permanere come assolutamente strumentali e marginali. Infine la legge prevede che alcune delle attività sopra menzionate debbano essere svolte solo a favore di soggetti svantaggiati o bisognosi. Un apposito albo, poi, raccoglie  tali enti che solo in presenza di tutti i requisiti fin qui evidenziati possono accedervi.

In compenso numerosi e penetranti sono i benefici fiscali connessi alla scelta di questa particolare struttura. Per le Onlus sono quindi previste forti agevolazioni in tema di imposte indirette ed Iva, mentre sono esenti dal pagamento dell’imposta di bollo, dalle tasse di concessione governativa, dall’imposta sulle donazioni, dall’imposta sugli spettacoli e in materia di tributi locali. Infine sono previste facilitazioni in materia di imposta di registro e per lotterie, tombole, banchi e così via.

Una disciplina particolare è prevista anche nei confronti delle organizzazioni di volontariato e delle cooperative sociali. Tali organismi sono soggetti a vincoli e obblighi ben precisi, ma in compenso sono destinatari di numerose agevolazioni e sono di diritto Onlus.

 

(tratto da pubblicazione del Consiglio Nazionale del Notariato)

 

 

Il patto di famiglia

Patto di Famiglia

Con la legge 14 febbraio 2006, n. 55 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 50 del 1° marzo 2006) è stato introdotto nel nostro ordinamento l’istituto del “patto di famiglia”.

Si tratta della possibilità di un accordo tra un imprenditore e uno dei propri discendenti che, nel rispetto di determinate condizioni e senza che vi possano essere contestazioni in sede di eredità, ha come oggetto il trasferimento dell'azienda o delle quote di partecipazione al capitale della “società di famiglia”.

E’ una novità importante nel sistema del diritto successorio: nel nostro Paese è infatti piuttosto alta la presenza di imprese a carattere “familiare” che operano addirittura nell’ambito delle società quotate in borsa.

Nel caso della successione dell’imprenditore ciò che egli aveva creato con fatica può essere dissipato con grossi rischi di disgregazione se non viene assicurata una certa continuità nella gestione.

Che cos'è

Il patto di famiglia è un contratto.

Non è, quindi, un testamento: è, di fatto, una convenzione la cui particolarità è quella di andare ad incidere sulla successione dell’imprenditore.

A chi si rivolge

Con il patto di famiglia l’imprenditore può trasferire, in tutto o in parte, l’azienda, e il titolare di partecipazioni societarie può trasferire, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti; compatibilmente, però, con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie.

Questa definizione ha sollevato i primi dubbi interpretativi: ad esempio, quando si parla di «titolare di partecipazioni» non si distingue tra la titolarità di azioni/quote della «società di famiglia» e la titolarità di partecipazioni in altre società (ad esempio, un piccolo pacchetto di azioni di una società quotata): situazioni, tra loro assai diverse.

Come

Tecnicamente la legge aggiunge al libro II, titolo IV del codice civile - dopo l'art. 768 - il Capo V-bis , comprendente i nuovi articoli dal 768-bis al 768-octies e modifica l'art. 458 del codice civile introducendo una deroga al divieto dei patti successori (questo il senso dell'inciso "Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 768-bis e seguenti").

Il nuovo articolo 768-quater prevede che il contratto contenente il patto di famiglia, a pena di nullità deve essere stipulato per atto pubblico, e che vi devono partecipare coloro che sarebbero legittimari (cioè eredi che la legge prevede non possano essere esclusi, come ad esempio il coniuge e i figli) ove in quel momento si aprisse la successione nel patrimonio dell'imprenditore.

Il patto deve prevedere che i beneficiari assegnatari dell'azienda o delle partecipazioni societarie “compensino” gli altri partecipanti al contratto con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote riservate ai legittimari (a meno che questi non vi rinuncino in tutto o in parte); i contraenti possono convenire che la liquidazione, in tutto o in parte, avvenga in natura; in questo caso i beni in natura assegnati a favore degli altri legittimari (non assegnatari dell'azienda) "sono imputati alle quote di legittima loro spettanti" , cioè sono da considerarsi un anticipo sulla futura successione.

I rapporti con i «legittimari sopravvissuti»

All'apertura della successione dell'imprenditore alcuni soggetti possono assumere la qualifica di legittimari dopo la stipula del patto di famiglia (ad esempio, il nuovo coniuge dell’imprenditore vedovo o celibe; nuovi figli).

La nuova legge dispone che costoro possono chiedere ai beneficiari del patto il pagamento di una somma pari al valore della quota di legittima loro spettante.

Tale contratto può essere impugnato, entro un anno, solo per cause molto gravi (art. 768-quinquies).

Le cause di scioglimento

Il contratto può essere sciolto o modificato dagli stessi soggetti che vi hanno partecipato:
1) con un diverso contratto, stipulato sempre per atto pubblico;
2) mediante recesso (se previsto nel patto di famiglia) esercitato sulla base di una "dichiarazione agli altri contraenti certificata da un notaio". 

I rimedi in caso di dissidi

Le controversie derivanti dalle disposizioni in materia di patto di famiglia sono devolute preliminarmente a uno degli organismi di conciliazione previsti dall'articolo 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5.

Il contributo del notariato

Il Consiglio Nazionale del Notariato ha espresso “un convinto sostegno circa l’opportunità della riforma”.

Non mancano però alcuni rilievi al testo di legge  per renderla di più facile attuazione e per evitare che si possa ricadere nell'area illecita dei patti successori.

Il Consiglio Nazionale del Notariato ha costituito  un gruppo di lavoro interdisciplinare chiamando a farne parte esponenti delle Commissioni Legislativa, Studi Civilistici, Tributaria, Impresa e Mediazione. L’attività del gruppo di lavoro sarà finalizzata ad indagare ed elaborare interpretazioni e soluzioni sotto i profili civilistico e fiscale, offrendo la possibilità di allargare la discussione e il confronto in occasione di specifici convegni sull’argomento.

 

(tratto da pubblicazione del Consiglio Nazionale del Notariato)

 

Il contratto di rete

 

  1. La rete (contrattuale) di imprese

 

 Il contratto di rete è stato introdotto nel nostro ordinamento con l’art. 3 comma 4-ter del decreto legge 10 febbraio 2009, n.5, convertito, con modificazioni, dalla L.9 aprile 2009, n.33,  ed ha subito attratto l’interesse degli operatori, desiderosi di coglierne appieno le potenzialità di strumento di rafforzamento delle strutture imprenditoriali, oggi particolarmente indebolite dalle contingenze storiche.

Ai sensi del vigente comma 4-ter dell’art. 3 del D.L. 5/2009, “con il contratto di rete più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a tal fine si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati, attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica, ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa”.

 Si prevede, nel medesimo alinea, la possibilità (e non la necessità) di istituire un fondo patrimoniale comune e di nominare “un organo comune incaricato di gestire, in nome e per conto dei partecipanti, l’esecuzione del contratto o di singole parti o di fasi dello stesso”.

 La conclusione di “contratti di rete” è premiata con il riconoscimento di alcuni vantaggi fiscali alle imprese partecipanti in relazione agli utili investiti nel programma comune (1) e con l’applicazione delle disposizioni dell’art. 1, comma 368, lettere b), c) e d) della l. 23 dicembre 2005 n. 266, sui distretti produttivi, previa autorizzazione ministeriale.

  Il contratto di rete, non si pone nel nostro ordinamento come un tipo contrattuale nuovo, quanto piuttosto un insieme di  requisiti (clausole, vincoli formali) in presenza dei quali contratti, genericamente funzionali alla cooperazione interaziendale, comunque nominati, consentono alle imprese contraenti di beneficiare delle agevolazioni e delle politiche di sostegno nazionali.

In altri termini, la disposizione in esame sembra non già offrire cittadinanza nel nostro ordinamento ad un nuovo tipo contrattuale, ma soltanto fondare la nozione di “rete di imprese” quale antecedente di agevolazioni e immunità, nozione rintracciabile ed operante al fine predetto indipendentemente dalla qualificazione tipologica del contratto di volta in volta concluso .

            Si ha così “rete di imprese”, ai sensi della normativa suddetta, ogniqualvolta un contratto plurilaterale di cooperazione interaziendale, comunque qualificato secondo il diritto comune (consorzio senza attività esterna, associazione temporanea di imprese ….), e, perfino, contratti di scambio (eventualmente collegati) conclusi in funzione della predetta cooperazione(appalti, somministrazioni ecc.) presentino i requisiti di contenuto e di forma previsti nella disposizione citata.

 

 

2.     I requisiti

Alla qualificazione come “rete” del contratto (comunque denominato) consegue l’accesso alle provvidenze ed ai vantaggi che una qualsiasi legge riconosce alle imprese che “fanno” rete, essendo questa, se non l’unica, almeno la principale ragione della disciplina in esame.

Dall’esame testuale complessivo dell’articolato normativo sembra emergere che elementi necessari per dar luogo ad una rete “riconosciuta” siano:

 

a)      la presenza di almeno due imprenditori;

      b) l’indicazione degli obiettivi strategici di innovazione e di innalzamento della capacità

competitiva sul mercato;

      c) la determinazione di modalità concordate fra le parti per misurare l’avanzamento,

individuale e collettivo, verso tali obiettivi;

     d) la definizione del programma di rete, che contenga l’enunciazione dei diritti ed egli obblighi

assunti da ciascun partecipante, e le modalità di realizzazione delle scopo comune;

     e) la durata del contratto;

     f) le modalità di adesione di altri imprenditori;

     g) le regole per l’assunzione delle decisioni dei partecipanti su ogni materia o aspetto di

interesse comune.

 

  1. Le parti, la forma e la pubblicità del contratto

Alla rete funzionale al conseguimento dei vantaggi normativi possono partecipare solo Imprenditori, senza discriminazione, parrebbe, tra imprenditori commerciali e agricoli, da un lato, e piccoli e medio-grandi dall’altro.”

Per converso, architettura, contenuti della disciplina e obiettivi di politica legislativa, sembrano precludere l’accesso a tale strumento a professionisti ed Enti di erogazione.

“Il contratto di rete è soggetto ad iscrizione nella sezione del Registro delle Imprese presso cui è iscritto ciascun partecipante”  e  presuppone la qualità di imprenditore di ogni partecipante .

In ordine alla forma, la legge prescrive che il contratto “deve essere redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata”.

La forma prevista dalla legge in esame è classificabile come meramente “integrativa”, cioè condizionante la qualificazione come “rete d’imprese” e l’accesso ai benefici che tale qualificazione comporta.

L’efficacia del contratto inizia a decorrere da quando è stata eseguita l’ultima delle iscrizioni prescritte a carico di tutti coloro che ne sono stati sottoscrittori originari.

Ai medesimi oneri, formale e pubblicitario, sono naturalmente assoggettate anche le modifiche contrattuali, nonché i mutamenti soggettivi dei contraenti, poiché la pubblicità viene eseguita con riferimento ad ogni impresa partecipante, come se si trattasse di “qualità” di quest’ultima, e, pertanto, ogni nuova adesione, così come ogni recesso, dovranno risultare da atto pubblico o scrittura privata autenticata ai fini dell’adempimento degli obblighi pubblicitari.

 

4. La rilevanza della funzione del contratto sottostante al fine di configurare una rete

normativamente riconosciuta

 

Come si ricava dal testo di legge, qualunque accordo interaziendale si presta ad essere “contratto di rete” nella misura in cui è da ritenersi come il risultato cui mirano le parti e il perché ci si accorda (un motivo comune e determinante, se si vuole), non come l’oggetto (nel senso debole di contenuto) dell’intesa.

L’unico profilo oggetto di previsione analitica è quello attinente alla descrizione della funzione della rete, e quindi del programma negoziale risultante da un accordo di cooperazione interaziendale comunque nominato.

Perché vi sia rete agli effetti della disciplina in esame è necessario che siano contrattualmente perseguiti lo scopo di accrescere (individualmente e collettivamente) la capacità innovativa e la competitività sul mercato delle imprese partecipanti.

Si ribadisce che del contenuto necessario del contratto fa parte “l’indicazione degli obiettivi strategici di innovazione e di innalzamento della capacità competitiva dei partecipanti” nonché le modalità di misurazione del conseguimento di tali obiettivi (lett. b).

Lo strumento contrattuale deve recare indicazione espressa del programma di rete.

Il vantaggio che consegue alla partecipazione deve essere riferibile direttamente alle imprese aderenti e propiziarne, un miglioramento qualitativo (sotto il profilo tecnologico e per la loro capacità di competere sui mercati).

In altri termini, l’attività svolta in rete e l’obiettivo strategico che tramite il contratto nello specifico si persegue si devono porre in posizione di servizio rispetto alle attività o alle articolazioni dell’attività che le imprese aderenti svolgono e continuano a svolgere in proprio.

L’impresa aderente, tramite la partecipazione alla rete, deve poter migliorare le sue performance, la sua capacità individuale di produrre un risultato positivo: in tale prospettiva sembra trovare compiuta giustificazione anche il riferimento all’oggetto e all’attività delle imprese aderenti, contenuto, in particolare, nel primo periodo.

Poiché l’attività svolta in rete deve essere funzionale, nei termini anzidetti, all’attività delle imprese aderenti, ne deriva il suo carattere ausiliario delle iniziative imprenditoriali coinvolte.

 

5. Le agevolazioni

Il contratto di rete ottiene il riconoscimento di alcuni vantaggi fiscali alle imprese partecipanti, in relazione agli utili investiti nel programma comune, con l'applicazione delle disposizioni dell'art.1, comma 368, lett. b), c), d) della Legge 23 dicembre 2005 n. 266.

In particolare, il regime agevolativo consisterà in una "sospensione d'imposta" sugli utili di esercizio, accantonati in apposita riserva e destinati al programma comune o al fondo patrimoniale per la realizzazione degli investimenti previsti dal programma stesso.

Ne consegue che gli utili accantonati e la riserva correlata non concorrono a determinare il reddito imponibile dell'impresa partecipante alla rete.

Gli utili accantonati che non concorrono alla formazione del reddito d'impresa, non possono comunque superare il milione di euro , per singola impresa aderente alla rete, "anche se aderiscea più di un contratto di rete e per ciascun periodo d'imposta in cui è consentito l'accesso all'agevolazione.

L'agevolazione vale solo ai fini della tassazione dei redditi (Irpef e Ires), ma non ai fini Irap.

 

 

 

(tratto da pubblicazione del Consiglio Nazionale del Notariato)

 

 

Le guide del cittadino

 

Le "Guide del Cittadino" sono una preziosa fonte di informazione, per il cittadino, sulle varie attività e sul ruolo del notaio nei vari settori di maggior interesse sociale e civile, e nella complessità degli ambiti di intervento notarile.
Rappresentano una Collana realizzata a cura del Consiglio Nazionale del Notariato, in collaborazione con le principali Associazioni dei Consumatori

 

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(a cura del Consiglio Nazionale del Notariato)

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